Ciao lettori e ciao lettrici!
Finalmente ci siamo, posso parlarvi di una lettura che mi ha tenuto compagnia per qualche giorno, in collaborazione con Mondadori e altri tre colleghi blogger:
Appunti di un lettore compulsivo
Il libro in questione è il pimo di una trilogia, e si intitola "La guerra dei papaveri", scritto da R.F. Kuang. Ecco a voi qualche informazione al riguardo:
Editore: Mondadori
Collana: Oscar Fantastica
ISBN: 9788804729747
516 pagine
Prezzo: € 22,00
Cartaceo
In vendita dal 13 ottobre 2020
Trama:
Rin ha passato a pieni voti il kējǔ, il difficile esame con cui in tutto l’Impero vengono selezionati i giovani più talentuosi che andranno a studiare all’Accademia. Ed è stata una sorpresa per tutti: per i censori, increduli che un’orfana di guerra della provincia di Jī potesse superarlo senza imbrogliare; per i genitori affidatari di Rin, che pensavano di poterla finalmente dare in sposa e finanziare così la loro impresa criminale; e per la stessa Rin, finalmente libera da una vita di schiavitù e disperazione. Il fatto che sia entrata alla Sinegard – la scuola militare più esclusiva del Nikan – è stato ancora più sorprendente.
Ma le sorprese non sono sempre buone.
Perché essere una contadina del Sud dalla pelle scura non è una cosa facile alla Sinegard. Presa subito di mira dai compagni, tutti provenienti dalle famiglie più in vista del Paese, Rin scopre di avere un dono letale: l’antica e semileggendaria arte sciamanica.
Man mano che indaga le proprie facoltà, grazie a un insegnante apparentemente folle e all’uso dei papaveri da oppio, Rin si rende conto che le divinità credute defunte da tempo sono invece più vive che mai, e che imparare a dominare il suo potere può significare molto più che non sopravvivere a scuola: è forse l’unico modo per salvare la sua gente, minacciata dalla Federazione di Mugen, che la sta spingendo verso il baratro di una Terza guerra dei papaveri.
Il prezzo da pagare, però, potrebbe essere davvero troppo alto.
Recensione.
LA STORIA.
Sin dalle prime pagine sono rimasta profondamente colpita e sicura che quella che si stava avviando sarebbe stata una storia sicuramente particolare. Avendo letto la trama, immaginavo sarebbe stata una storia con dei temi abbastanza forti, ma la lettura del libro ha fatto sì che la realtà andasse ben oltre le aspettative.
In breve, questa storia narra di una ragazza orfana, cresciuta dagli zii che nulla hanno da offrirle, se non un matrimonio di interesse che lei non desidera. Per sfuggire al suo destino di moglie-serva, Rin decide di partecipare a una selezione che le permetterebbe di studiare in una delle accademie militari più importanti della nazione. Per riuscire a farcela, affronta uno studio matto e disperatissimo per ben due anni.
La storia presenta poi un'evoluzione di pari passo dei personaggi e della trama in sé. Gli allenamenti accademici vengono sostituiti dalle battaglie in guerra, tra intrighi politici e luoghi misteriosi, sino ad arrivare a un finale sorprendente, intenso e degno del primo volume di questa trilogia.
LA PROTAGONISTA.
Rin, orfana, cresce nel distretto di Tikany e lavora per gli zii Fang. Conosce molto bene la vita nelle province più povere, a cui sembra essere destinata. Una vita fatta di stenti, in cui lo spaccio di oppio regna incontrastato nonostante la sua illegalità. Ha la pelle un po' scura, ma non si sente in difetto, nemmeno quando viene valutata per essere venduta in sposa a un uomo che non conosce. Destinata a un matrimonio di convenienza (solo per gli zii Fang, che sarebbero più tranquilli nella loro attività di spaccio).
Ma Rin è forte e determinata. Non è ciò che vuole. Lei desidera scappare da quella città, avere una vita migliore, avere un futuro.
Ed è per questo che riesce a convincere un maestro ad aiutarla nella preparazione di una delle selezioni più importanti di tutto il Nikan, il kējǔ. I due anni di studio che l'autrice narra mi hanno lasciata interdetta e piacevolmente sorpresa: avevo intuito che questa protagonista sarebbe stata una tipa tosta, ma la sua determinazione nello studio mi ha sconvolto e mi ha fatto empatizzare con la sua voglia di evadere da quella provincia, dalla vita che era stata scelta per lei dagli odiati zii Fang. Rin è nata per essere una combattente, e ce lo dimostra sin dalle prime pagine.
La sua evoluzione nella storia è lampante. Passa dall'essere determinata prima di entrare nell'Accademia, a essere insicura una volta dentro. Ma non si arrende mai, nonostante sembra stia per farlo. Dai primi tempi come studentessa a quelli come apprendista cambia ulteriormente. Complice anche il maestro con cui ha scelto di allenarsi (non vi dico chi è, niente spoiler qui!). Finisce qui l'evoluzione del personaggio? Ebbene, no. Rin subisce un altro cambiamento in tempo di guerra, e anche in questo caso il suo personaggio non rimane stabile.
Personalmente, a volte l'ho amata, a volte l'ho odiata. Da una parte sembrerebbe un'impulsiva testa calda, dall'altra, però, sembra soffermarsi su ragionamenti talmente profondi che mi hanno fatto venire la pelle d'oca.
Rin è una protagonista in continua evoluzione, e proprio per questo credo che ne vedremo delle belle nei successivi capitoli della trilogia.
I TEMI e il genere.
C'è una doverosa premessa da fare prima che io vi inviti a leggere questo libro: non è per chiunque. I temi affrontati in questo libro sono tanti e vari, ma molti sono difficili da affrontare e digerire: violenza, stupro, guerra, dipendenza e abuso di droghe, intolleranza, razzismo, maschilismo. Ma ancora: il rapporto tra umanità e divinità, la religione, la povertà, la fiducia e il tradimento.
La Kuang affronta con coraggio il rapporto degli esseri umani con la divinità: chi crede, chi non lo fa, chi è costretto a ricredersi e chi è curioso al riguardo. La figura dello sciamano è, all'inizio, solo nominata distrattamente, ma instilla nel lettore la miccia della curiosità. Il genere di questo romanzo è il fantasy, di sicuro non classico. Si tratta di un fantasy atipico, dai toni dark ed epic, in cui proprio la magia viene affrontata in un modo molto particolare che non mi era ancora capitato di trovare in altri romanzi del genere. La magia va a braccetto con la guerra e con la violenza, ma è sempre la coscienza umana a decidere in che modo usarla. In pochissime parole, è questo il messaggio che traspare, soprattutto sul finale: il libero arbitrio. La divinità è un mezzo tramite il quale l'essere umano decide di raggiungere uno scopo. La divinità è uno strumento tramite il quale l'essere umano riesce ad accedere all'uso della magia. Ma qualsiasi essere umano? Assolutamente no. L'apostrofo viene messo sulla stirpe degli Speerliani, di cui l'ultimo sopravvissuto pare essere Altan, uno studente all'ultimo anno all'Accademia di Sinegard.
Personaggi secondari.
Devo dire, in realtà, che ho apprezzato la caratterizzazione di tutti i personaggi secondari, ricchi di sfaccettature che, almeno inizialmente, rendevano impossibile definire chi fossero i "buoni" e chi i "cattivi". Questo mi è piaciuto molto, perché mi ha permesso ulteriormente di farmi un'idea, durante la lettura, che fosse effettivamente mia. Non mi dilungherò citandoli tutti, sarebbe impossibile, anche se avrei tantissime cose da dire su ognuno di essi. Voglio però soffermarmi su alcuni di loro: primo tra tutti, Altan che, nonostante sia stato descritto sin dall'inizio come un personaggio forte e imbattibile, in realtà è poi risultato essere fragile e sofferente, dilaniato dalla sete di vendetta per la strage del suo popolo d'origine.
Merita poi una menzione il maestro Jiang: alla fine, colui che sembrava il più squilibrato, risulta essere colui che davvero possiede l'equilibrio. Non dirò altro, ma è un personaggio che credo in molti di voi potrebbero apprezzare.
Devo, infine, assolutamente citare Kitay, la voce della ragione. Certo, è un personaggio abbastanza statico rispetto ad altri, ma a cui mi sono molto affezionata. Sono curiosa di capire se il suo personaggio si trasformerà nei successivi romanzi, e se lo farà in meglio o in peggio. In ogni caso, rappresenta un simbolo di fiducia e amicizia, nonostante tutto, nei confronti di Rin.
L'AMBIENTAZIONE.
Il luogo in cui la storia è ambientata è di finzione, il Nikan, ma si ispira alle culture orientali; in particolare, quella cinese e quella giapponese, in primis per i nomi dei personaggi e delle dodici province e il resto delle città citate. Grazie alla mappa ben illustrata si riesce a partecipare "attivamente" agli spostamenti.
La prima parte del romanzo è piuttosto statica per quanto riguarda l'ambientazione. Infatti, le vicende si svolgono all'Accademia militare di Sinegard e nella rispettiva città. Quando, invece, scoppia il conflitto tra Nikan e Mugen, ci spostiamo assieme alla protagonista a Khurdalain, città portuale dove conosciamo i Cike, la particolare squadra di combattenti a cui Rin è stata assegnata, il cui comandante è una nostra conoscenza: Altan.
Un luogo molto suggestivo è quello di Chuluu Korikh, il monte presso il quale vengono rinchiusi tutti i "criminali snaturati, coloro che hanno commesso crimini contro natura".
Conclusioni.
Quel che mi è rimasto di questo romanzo è un input di riflessione molto profonda: nonostante si parli di divinità, sciamani e magia, ho affrontato un profondo processo riflessivo sul libero arbitrio e la religione. Oggi, chi professa una religione, tende a ringraziare o incolpare quel qualcuno o quel qualcosa in cui crede rispettivamente per le proprie vittorie e per i propri fallimenti. In realtà, credo che il messaggio che l'autrice incide tra le righe di questo romanzo è che, come anticipato, siamo noi a scegliere come utilizzare gli strumenti che abbiamo a disposizione.
Un altro spunto di riflessione me l'ha dato il modo in cui è stata descritta la non accettazione nei confronti di Rin all'interno dell'accademia. Ho sofferto per ogni battuta di scherno e per ogni critica infondata mossa nei suoi confronti, solo a causa delle sue ipotetiche origini, del luogo rurale e povero dal quale proviene. L'attualità di questi passaggi mi ha disarmata. Si ha paura di ciò che appare diverso nella forma, solo finché non lo si conosce. Solo finché non si capisce che la diversità è ciò che ci rende umani e simili. In questo, il personaggio di Nezha ha subito un'evoluzione che ho apprezzato. Nella sofferenza siamo tutti uguali.
Che dire in conclusione? Una storia complessa, da vivere ma anche da analizzare. Uno stile di scrittura che ho apprezzato profondamente, a tratti poetico ma diretto e crudo, anche nella descrizione delle scene più cruente, lontano dai tabu e dalle censure. Un primo capitolo degno di introdurre una storia che, sono sicura, ci regalerà ulteriori soddisfazioni.
Fonte immagine: paulsemel.com |
Era stata lei a fare le sue scelte, in piena autonomia. E nonostante avesse chiamato gli dèi in aiuto durante la battaglia, questi erano interamente strumenti nelle sue mani.
Recensione a cura di Ilaria
Un'analisi stupenda, mi trovo d'accordo su tutto!
RispondiEliminaLa citazione che hai riportato alla fine racchiude davvero il succo del messaggio che Kuang ha affidato a Rin. Sono anch'io molto curiosa di proseguire la lettura e conoscere l'evoluzione dei personaggi, Rin in primis ❤️
Ancora complimenti ❤️
Hai scritto una recensione che è anche un accurato approfondimento sui tantissimi temi trattati nel libro. Sono davvero una marea e riconosco all'autrice il grande pregio di averli esposti in modo chiaro e lineare senza mai appesantire la lettura. Mi trovi d'accordo praticamente su tutto e ti do atto del coraggio di aver accennato al tema religioso. Ora non ci resta che aspettare il secondo volume, il più presto possibile!
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