giovedì 25 marzo 2021

Recensione: "La mite" di Fëdor Dostoevskij

 


Scheda tecnica.

Autore: Fëdor Dostoevskij

Titolo: La mite. Racconto fantastico

A cura di: Serena Vitale

Casa editrice: Adelphi Edizioni

Pagine: 103

Prezzo: € 11

Trama e commento.

La mite è il racconto o, meglio, il monologo di un uomo la cui moglie, suicidatasi, è stesa davanti a lui su un tavolo. Quarantuno anni, proprietario di un banco dei pegni ed ex capitano cacciato da un illustre reggimento, riflette per capire cosa abbia spinto la moglie al suo ultimo e disperato gesto.

Poche pagine per rapire completamente il lettore nel renderlo partecipe della precisa, seppur allo stesso tempo delirante riflessione di un uomo i cui passi riecheggiano di fronte al corpo esanime della moglie. Le prime parole espongono un dubbio che permane sino alla conclusione insoluto, ovvero: cosa ne sarà dell’uomo, non appena il cadavere della moglie verrà portato via?

È ciò che si chiede, mentre parla: a volte è come se raccontasse a un ascoltatore invisibile, altre volte appare quasi come se stesse parlando a se stesso.  Ciò che ne risulta è un’apparente calma, che ben presto si traduce in un groviglio di dubbi, pensieri, riflessioni di un uomo che ha forse amato la propria moglie, ma che non è mai riuscito a trasmettere i propri sentimenti, intrappolati come insetti in una ragnatela di silenzi.

Nonostante la brevità del racconto, risulta quasi impossibile catalogare tutti i temi che con spontaneità vengono toccati, palesemente o meno. L’argomento centrale, sebbene a una prima lettura potrebbe apparire il suicidio stesso, è in realtà la costruzione di idee che il narratore cerca di mettere in atto, pur di arrivare a capire cosa abbia spinto la donna a gettarsi dalla finestra. Ne traspare un uomo rigido, il quale evoca una serie di ricordi: sin da quando la conobbe, al momento in cui la prese come sposa, per arrivare ai momenti di crisi e di malattia, concludendosi con la morte della donna. Il personaggio accompagna se stesso lungo un percorso di ricerca della verità, portando con sé il lettore, a cui pare così difficile capire la natura dell’uomo, ma non del gesto della moglie. La mite è solo una ragazza di sedici anni quando sposa il protagonista: è giovane, pura e innocente. Forse è di questo che l’uomo si innamora, rimanendo tuttavia incapace di evocare quel sentimento per far sì che la moglie lo comprenda. Per questo, lei cercherà attimi di ribellione, rimanendo tuttavia incapace di attuarli.

Parlare di questa lettura risulta per me abbastanza complesso: è il mio primo approccio diretto con Dostoevskij, ne sono rimasta estasiata. Ho scelto appositamente un racconto di poche pagine, senza però immaginare con quanta intensità mi avrebbe in realtà catturata. Non riesco a pensare a termini diversi da “intenso”, poiché mi ha lasciata ferma, come bloccata in mezzo a tanti macigni. Vorrei solo soffermarmi sulla capacità dello scrittore di inserire così tanto in così poco spazio. La mite non è solo una riflessione sul tema del suicidio, ma molto di più: parla un uomo arrabbiato con una società che pare averlo rifiutato.

Seppur tentando di parlarne con umiltà, mi pare davvero difficile riuscire a commentare oltre: si tratta di un testo che va vissuto in prima persona, senza intermediari, gustato e catturato sino all’ultima parola.

Vi lascio un estratto dalla nota al testo, che è in realtà ciò che l’autore scrisse nel precedere il racconto vero e proprio:

«Non si tratta né di un racconto né di memorie. Immaginate un uomo la cui moglie, suicidatasi alcune ore prima gettandosi dalla finestra, sia stesa davanti a lui su un tavolo. È sconvolto e non ha ancora avuto il tempo di raccogliere le proprie idee. Va da una stanza all’altra e cerca di capire che cosa è successo. […] Ed eccolo che parla con se stesso, si racconta l’accaduto, cerca di chiarirlo a se stesso. Nonostante l’apparente coerenza del discorso, si contraddice più volte, nella logica come nei sentimenti. Si discolpa, e insieme accusa la moglie, si dilunga in spiegazioni estranee alla vicenda: in lui c’è rozzezza di pensiero e di cuore, ma anche un profondo sentimento. […] La serie di ricordi evocati infine lo conduce ineluttabilmente alla verità, e in modo altrettanto ineluttabile la verità eleva la sua mente e il suo cuore.»

Dal testo:

«Dicono che il sole ravviva l’universo. Il sole si leverà e – guardatelo, non è forse un cadavere? Tutto è morto, e dappertutto cadaveri. Soltanto uomini, e intorno a loro il silenzio – questa è la terra! […] Le sue scarpine stanno accanto al letto, sembra che la aspettino… No, sul serio, che sarà di me quando domani la porteranno via?»

Recensione a cura di Ilaria.

 


Nessun commento:

Posta un commento

Recensione: "Milano Fashion Zombie" parte 1 di Irene Caltabiano, Riccardo Iannaccone; Disegni: Alessandro "Kalico" Grosso.

  Edito: Kall Edizioni Trama   Trovarsi nel bel mezzo di un'apocalisse zombie non capita tutti i giorni. E se il morbo esplodesse in...