venerdì 18 settembre 2020

Recensione: "Cronache di Fulgenzio Draconzio" di Raffaele Guadagnin

 

Cronache di Fulgenzio Draconzio

di Raffaele Guadagnin

Editore: Poetikanten (ass. culturale ilfilorosso)

Collana: Orsa Maggiore

Anno pubblicazione: 2018

Prezzo: 13,00

 


Recensione.

Una raccolta di racconti fantasy come non ne leggevo da anni.

Sei sono i racconti che compongono questa raccolta, ognuno di essi presenta un prologo e tre capitoli, i quali mi hanno catapultata nel regno di Arcospezzato (e dintorni).

Non mi soffermerò sui singoli racconti, ma cercherò di trasmettere ciò che ho interiorizzato attraverso questa piacevole lettura.

Prima di tutto, meritano un appunto speciale le illustrazioni: una mappa che mi ha aiutata molto nell’orientamento durante la lettura e varie illustrazioni rappresentanti le vicende narrate in ogni racconto.

Il narratore, come suggerisce il titolo della raccolta, è Fulgenzio Draconzio o, meglio, Fulgenzio Draconzio Lisandro Ratberto di Rocca dei Senzaquattrini e inizio subito con il citarvi una frase che mi ha letteralmente messo i brividi (di piacere, eh. Non di paura).


«A volte la fantasia muove gli animi più della realtà stessa»


Mi sento in diritto di dire che questa raccolta rappresenta il buon fantasy made in Italy: l’autore ha dato vita a personaggi e luoghi fantastici ma, a dir poco, reali. Fantastici e reali? Perdonate l’ossimoro, ma proprio non saprei come altro definirli.

Sin dal primo racconto, Gli Elfi di Boscoselvaggio, mi sono sentita rapita dalla storia. Io sono sempre un po’ scettica nei confronti dei racconti, ancor di più in quelli delle raccolte di racconti. Mi chiedo sempre: come può l’essenza di una storia arrivare al lettore nonostante le poche pagine di un racconto? Bene, è esattamente quello che questa raccolta mi ha dimostrato essere possibile: lo stile narrativo è talmente particolare ma scorrevole, da avermi catturata praticamente dopo le prime… due pagine? Sì, direi che già solo leggendo il prologo del primo racconto mi si erano insinuate nella mente delle aspettative abbastanza alte. Vi spiego subito i motivi di queste sensazioni: per prima cosa, come già anticipato, la particolarità dello stile. Mi ero un po’ stancata »delle solite storie fantasy pubblicate negli ultimi anni: le solite trame (che seguono sempre lo stesso schema), uno stile narrativo ormai universalmente semplicistico (non semplice, che male non è, badate: semplicistico, a tratti banale).

E che non usino la scusa del “libro per ragazzi”: persino i più giovani riescono a differenziare una storia scritta bene da una storia scritta male!


«Ormai nessuno ascolta ciò che racconto» si lagnò Bonaventura: «Neanche i ragazzini. Vorrei soltanto che i racconti delle mie peripezie li invogliassero a… immaginare


Questo è il caso delle Cronache, ovvero il caso di una storia scritta bene. Sì, grammaticalmente. Sì, nella forma. Sì, nella narrazione. Ma questo non sarebbe di certo bastato a farmi entrare nell’anima questa raccolta: c’è stato qualcosa in più e io, quando trovo quel qualcosa in più, me ne accorgo subito e cedo alle debolezze del cuore.

Essendo un fantasy classico, non è ambientato in un’epoca specifica: di certo, però, non nel 2020. Eppure, non posso non definire i temi di questi racconti tremendamente attuali. Ci sono i pregiudizi, l’empatia, la paura del diverso e dello sconosciuto, la purezza dei più piccoli, l’incapacità, voluta o meno, da parte degli adulti di ascoltare con il cuore.

Non basta che una storia sia stilisticamente perfetta: a renderla una storia di successo serve quel di più. Nelle Cronache c’è il di più e forse ancora di più. Scusate il gioco di parole.


«Ricorderai quando hai scortesemente osservato che sono una persona piuttosto… ehm… sola… ed è per questa ragione che io viaggio, e viaggio, e viaggio… perché non ho motivo di stare in nessun luogo»


Un altro motivo per cui questi racconti mi hanno convinta: ogni vicenda è ambientata nello stesso regno, i personaggi si ripetono, ma ogni racconto dà spazio a ognuno di essi in maniera equa ed equilibrata. Quindi, nonostante non si tratti di un romanzo, è certo che ci si riesca ad affezionare a ognuno di loro: prima di tutti gli altri abbiamo Crispino, Rufina e Anselmo, i tre piccoletti frizzanti che mi hanno regalato sorrisi e risate e tanto mi hanno ricordato la generazione di bambini odierna.

Andando avanti con i racconti, l’autore sembra rivolgersi non solo a un pubblico di piccole testoline, ma anche ai più grandi. Entrano in scena, sebbene non in modo esplicito, temi come l’amore e le amicizie speciali, il rapporto genitore – figlio, la parità di genere.


«E poi, Delfina un maschio non si sentiva proprio, né tanto meno ci voleva assomigliare, figuriamoci esserlo! Anzi, non vedeva perché, per indossare l’armatura, avrebbe dovuto rinunciare al suo splendente vestito bianco e blu… e per quale motivo non potesse essere trattata allo stesso modo di suo fratello senza rinunciare a essere Delfina»


Pensate che ho persino trovato il riflesso di un tema spinoso (spinoso per chi, poi? Di certo non per me) come quello dell’accettazione di una realtà come quella dell’interculturalità.


«Purtroppo la gente è solita ragionare con la pancia, non con la testa, e se la pancia è vuota ci si mette a dare la caccia ai responsabili… però, piuttosto di guardare in faccia la realtà, preferisce dare retta alle dicerie, agli strilli degli arruffapopoli… e a farne le spese sono sempre gli stessi: coloro che appaiono diversi...»


Per quanto riguarda in particolare lo stile, mi preme precisare quanto per me questa lettura sia risultata musicale, talmente tanto che a volte mi trovavo a leggere a voce alta alcuni passaggi. Simpatico anche l’uso dell’onomatopea. Insomma, ho già detto che ho apprezzato lo stile dell’autore? Bene, lo ripeto. Ho davvero apprezzato la sua particolarità.

Nell’attesa di riuscire a leggere la seconda raccolta, le Nuove Cronache di Fulgenzio Draconzio, consiglio le Cronache praticamente a chiunque: agli amanti del fantasy classico, quello puro, ai genitori che vogliono offrire ai propri figli una lettura formativa ma piacevole, agli adolescenti che cercano un luogo in cui sentirsi a casa, ai giovani adulti che la casa l’hanno trovata, ma che a volte avrebbero bisogno di evadere dalla quotidianità.

Insomma, leggete questo Fulgenzio, la cui penna nasce a sua volta da quella di Raffaele Guadagnin, autore che ringrazio dal profondo del cuore per avermi dato la possibilità di conoscere i suoi lavori.


Trama.

È di maghi giardinieri e draghi burloni, abili spadaccine e regnanti legulei, di umbratili bibliotecarie, che narrano le sei eroicomiche Cronache dello studioso cosmopolita Fulgenzio Draconzio, delle sue peregrinazioni fra i docili declivi della nivea Altavetta e le lugubri rupi di Torretempesta, nei giorni in cui i piccoli Rufina, Crispino e Anselmo riscattarono gli enigmatici Elfi di Boscoselvaggio e i Tetri Paladini dello stregone Morgante sfidarono i temerari cavalieri di Arcospezzato. Non credetegli, se lo desiderate, non credete alle canzoni di gesta del bardo Saffiro o al Diario di bordo di capitan Bonaventura: a Fulgenzio, in realtà, non importa. Immaginate.

 

 

L’autore.

Raffaele Guadagnin nasce a Milano nel 1986. Laureato in lettere moderne e diplomato al conservatorio in Musica Elettronica, è insegnante nelle scuole medie e nei licei. Più volte premiato a concorsi letterari e festival musicali nazionali e internazionali, ha pubblicato in rivista i saggi Ellie o dell’istanza generatrice in Laborintus di Edoardo Sanguineti (Studi Novecenteschi, n. 83) e Prospettive storiche per un umorismo… mancato (Stile Euterpe, n. 2), e in antologia In questo Purgatorio de l’inferno… e Carla e i Novissimi, oltre al racconto breve Il dilemma di Diabelli.

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